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Ho conosciuto Paolo Pennisi verso la fine degli anni 80 quando egli, in "staffetta" con Vasco Veri e subentrando a questi, divenne presidente del Comitato di Gestione della ULSS di Chioggia, organismo che, di li a poco, avrebbe lasciato il passo al Commissario Straordinario e successivamente al Direttore Generale, transizione che non sono del tutto certo sia stata positiva in quanto riduceva a forma monocratica la gestione della pubblica salute che, va da sé, necessita di più articolate forme di rappresentanza.Quel periodo è stato per me tra i più delicati della mia vita professionale in quanto da poco ero laureato in Medicina e l'attività politica che pure già mi appassionava costituiva un'area marginale della mia quotidianità.Ciononostante ricordo bene alcune riunioni dove si discuteva di sanità che avevano quale interprete Paolo Pennisi e, da subito, mi feci un'idea di lui che non è più mutata in seguito: calmo, pacato, tecnicamente preparato, politicamente conscio dell'importanza del ruolo che ricopriva, fermo quando occorreva, sensibile nel cogliere le istanze della gente perché forte di esperienze, anche personali, che lo avevano fortemente responsabilizzato. Anzi, per meglio dire, inizialmente avevo avuto l'impressione di trovarmi di fronte ad un uomo con una concezione artistica della politica, forse mutuata dalla sua vera natura, la qual cosa, com'è noto a tutti coloro i quali con essa, politica, si sono cimentati, con tutto può essere compatibile ma forse non con l'arte, che è retaggio assoluto dei moti del cuore. Ed in effetti lo capii in seguito, quando ebbi modo di meglio conoscerlo durante degli "strappi" in auto che gli davo sino a Mestre dove io frequentavo un corso. Ecco, in quei momenti compresi meglio sia l'uomo che il politico e, potendo sintetizzare in Paolo le caratteristiche di queste due condizioni non riesco a trovare altra espressione se non quella di una grande umanità, sia nella dimensione umana che nell'operare della politica.